Siti archeologici

Dalla cima del colle di Santu Antine, 590 m s.l.m., si domina tutto il territorio circostante: all’alba lo sguardo raggiunge con facilità il mare. Le rovine di due nuraghi accertano le prime presenze umane in epoche lontane, a loro volta le mura Puniche e la cappella romana provano la continuità della frequentazione.

Resti di antica città-stato paleocristiana fondata alla fine del VI secolo a.C. Rappresentano una delle più importanti testimonianze di archeologia cristiana presenti in Sardegna.

Chiamato anche “Su Tistivigliu” è situato all’estremità a Sud-Ovest della Giara e attualmente è immerso in un fitto bosco di lecci. Si presenta in stato di crollo e solo le aree con pianta quadrangolare e alcune altre strutture sono state individuate e oggetto di studio e scavo verso la fine degli anni 90’. 

Luogo sacro-rotonda di Corona Arrubia (Santa Maria S’Ungroi), è un sito particolare, in quanto la “rotonda” si distingue dalle altre strutture nuragiche ed è assimilabile ad un tempio nuragico, perché luogo di culto, generalmente relativo all’antico culto delle acque. Ha una forma circolare e l’interno si presentava con dei banconi ma si differenzia dai pozzi nuragici perché internamente non sono presenti fonti o canne relative ai pozzi sacri.

Situato nell’omonimo colle, è il più profondo della Sardegna arrivando quasi ad una profondità di 40 m; è stato costruito utilizzando per la maggior parte dei blocchi calcarei ed è stato frequentato non solo dai nuragici ma anche in epoche e dominanze dei popoli successivi, come i Romani, che attingevano l’acqua dal pozzo con una carrucola bronzea, i cui resti sono stati ritrovati al suo interno.